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A questo punto posso ammetterlo

Non ho mai provato il vero amore, quello lontano anni luce dalle masturbazioni contorte di un rapporto tossico. Ho vissuto storie, tracce di emozioni legate a qualche mio limite irrisolto, nato dal mio passato stracolmo di roba andata in pezzi o persa in qualche luogo non più apparentemente accessibile del mio cuore. “Devo lavorarci!” – mi ripeto; e lo faccio, eccome se lo faccio! Eppure non basta. Ho proprio un’attrazione innata verso la sofferenza ed il vittimismo? Bah, non lo so.

Ho anche io la mia storia vera che sfoglio di tanto in tanto e dentro la quale sottolineo delle parti, scrivo delle note e faccio le orecchie agli angoli; a volte ci sono proprio seduto sopra a quegli angoli.

Certi giorni mi saluto con una certa compassione e mi armo di un sorriso disegnato malamente con i gessetti colorati, quelli che stridono alla lavagna e che ti fanno accapponare la pelle e stringere le gengive.

Perché è così difficile l’amore sano? Perché è così difficile la reciprocità?

Sono quasi al giro di boa della vita e l’unica cosa che faccio è struggermi per qualcosa che non sono ancora riuscito a trovare o che non sono riuscito a trattenere. Mi faccio un po’ pena, lo ammetto! Mi dico continuamente che le cose cambieranno, che sarò più attento, che ascolterò meglio il cuore e l’istinto, ma poi sarò davvero capace di mantenere tale promessa?

Non sono una persona semplice o forse lo sono fin troppo; di certo non riesco ad accontentarmi e a stare fermo al mio posto, soprattutto se quel luogo non è quello che mi calza veramente.

E allora, che sto aspettando? Cosa sto facendo? Dove sto andando? Cosa voglio davvero? Mi aggrappo stupidamente ad una speranza e lascio al “prossimo” il compito di dimostrarmi che “stavolta posso fidarmi”.
È davvero giusto così?
Eppure l’amore dovrebbe essere una cosa così semplice, così spontanea, così vera che in due, seduti su un pezzo di niente, saremmo tutto ciò che basta fino alla morte.

Anche se sarà in un domani remoto, io attendo quel momento con lo stesso sguardo e con le stesse emozioni di un cane che scodinzola un istante prima di essere coccolato.

“Tu” ci sei, lì nascosta in qualche parte del mondo. Forse siamo due pigri incapaci di mettere azioni (o forse lo sono solo io) ma tanto desiderio, tanto fervore nel volere che un sogno si avveri, non può che intrecciare qualcosa in questa vita per cospirare a nostro favore. Questa vita, sì, che è davvero bella e stronza allo stesso tempo!

Sono artefice del mio destino, sono io che ho permesso che certe cose mi accadessero, sono responsabile di molte delle cose che mi sono successe. Devo cercare il mio deserto e attraversarlo, magari ti troverò lì, vestita con un abito da sposa ormai sgualcito e mi dirai, toccandolo, ciò che disse Marla a Tyler Durden: “Qualcuno lo ha amato intensamente per un giorno, e poi lo ha buttato, come un albero di Natale. Così speciale. E poi, bam, è al ciglio di una strada.

Forse siamo entrambi due anime speciali che sono state usate più e più volte e poi buttate via, o forse no. Forse potremo indossarci reciprocamente senza mai sovrapporci, o forse no. Il fatto è che mi manchi, ovunque tu sia in questo momento. Mi manca la tua capacità di ascoltarmi, di capirmi, di abbracciarmi, di accarezzarmi il cuore ed i pensieri. Mi manca il tuo veliero che solca le mie agitate acque interiori, mi manca poterlo osservare dalla riva dei miei occhi innamorati di te e poterti dire: “Sei la nave più bella del mondo”.

I Modà la narrano come segue, qualcosa che, a mio dire, descrive abbastanza bene ciò che reputo tanto vicino al concetto di amore unico, soprattutto i titoli di coda dal minuto 4:20.

Scritto e pubblicato il

da Marco Placido Stissi (alias “

“)

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