Sono appeso con lo sguardo ad una luna piena che dal cielo si sta scollando. Se guardo in basso vedo la mia ombra che si dissolve in un oceano di stelle; non ho paura di cadere, non ho paura più di niente.
Ho steso sul mondo un lenzuolo trapunto di tutte le mie attese, quelle più belle, quelle col fiato sospeso, e le ho tinte coi colori della mia rabbia; se dovessi scivolare giù, sarà la mia rovina verso l’inferno.
La luna si sta staccando dalla gonna corta della notte, intravedo la sua parte intima, la sfioro con un dito e l’universo vibra.
Provo a risalire il suo corpo lucente, devo raggiungere l’altro lato, voglio nascondermi sotto al velo della sua notte eterna, voglio sparire dalla vista di questo sistema corrotto che mi ha spento il cuore, i sogni e le speranze. Non sono più io; forse troverò pezzi di me fra quelle rocce sconosciute?
La luna sta cedendo, mi restano pochi passi o un fallimento.
C’è qualcosa che non ha un nome, che non ha una forma, che non ha una precisa collocazione fuori e dentro al mio spazio-tempo che mi dice che posso pure mollare la presa, ma la ragione stride con l’istinto e divide in due parti tutto l’universo che mi osserva sgomento.
Sono appeso ad una luna stropicciata che si sta strappando e che non riesce più a reggere il peso delle mie emozioni e dei miei pensieri.
Lentamente faccio un passo, risalgo le sue crepe grigie e mi affaccio ad un centimetro dall’altro lato. Io sono già lì? Vedo un altro me stesso che sta risalendo le tenebre per raggiungere la luce. Ci incontriamo faccia a faccia, su quel centimetro che ha l’esatta misura dell’infinito.
Avvicino le labbra a me stesso, mi sorrido e mi bacio e poi esplodo in una raffica di coriandoli che si adagia su quella luna sgangherata.
Guarda quant’è bella la luna stasera, guarda cosa custodiscono i suoi crateri, guarda i miei sogni infranti sparsi fra i suoi mari senza vita.
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