Ci sono periodi, più o meno lunghi, che hanno tutto l’aspetto di un treno deragliato in mezzo a un bosco, a una radura o a un deserto. Tu sei il treno e stai fermo lì aspettando che qualcuno intervenga rimettendoti sui binari della tua vita strampalata. In quei periodi, le mani sembrano bloccate e i pensieri pure, le gambe e, forse, anche il cuore. Da qualche parte, lì nascosta in una delle valigie abbandonate di uno dei vagoni che tieni ancora attaccati alla tua locomotiva, bisbiglia la voce di un’idea, di un’emozione, di un desiderio, di un ricordo, di qualsiasi cosa che vuole spronarti a reagire. Ecco, è così che mi sento stasera: atrofizzato ma con una piccola luce intermittente che mi lampeggia dentro al cuore. È una sensazione strana che mi pietrifica, mi blocca e mi fa scrivere ciò che stai leggendo con un velo opaco fra me e il tuo cuore. Oggi mi manca il fuoco, il guizzo e la verticalità della mia emotività. Sto scrivendo perché ho bisogno di farlo, di provare a riallinearmi con me stesso e con quel mondo saturo di malinconia dentro al quale mi illumino, decanto, faccio la muta, mi diluisco, mi purifico e mi sporco di bellezza spingendomi sull’altalena che oscilla fra l’oscurità e la luce. Riavvia il sistema, blocca tutti i processi, ordina i pensieri e svuota il cestino.
Atrofizzato
Scritto e pubblicato il
da Marco Placido Stissi (alias “
“)
Lascia un commento