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È qualcosa di antico

Quegli occhi non hanno confini e celano il senso dell’esistenza dentro ai loro abissi; essi, con i loro riflessi, afferrano il suono della corteccia che graffia la pelle sottile del vento d’autunno. Quegli occhi divorano il cuore di chi non sa sostenerli, quegli occhi esplorano curiosi la vita ma sono rocce che nessuna tempesta può spostare o spezzare; essi sono giunchi d’argento che solleticano il cielo e raccolgono nuvole e stelle per donarle alla memoria. Ho visto più verità, ho visto più connessione con la vita, ho visto certezza, ho visto forza e delicatezza, ho visto l’amore. È qualcosa di antico che mi sussurra: in lak’ech. Mi sento piccolo, mi sento nel posto sbagliato; qualcosa mi chiama a sé e so che è casa, so che è il mio posto nel mondo, so che è il luogo dove dovrei vivere e morire. Quegli occhi mi chiamano, quegli occhi sanno il mio nome e mi tendono la mano. Vorrei scappare per raggiungerli, spogliarmi e tuffarmici dentro fino ad annegare e poi rinascere luce, acqua o terra. Anche tu li vedi quegli occhi? Anche tu capisci di cosa parlo? Anche tu sei un’anima inquieta? Mi sto accontentando e sto alimentando uno sguardo sempre più stanco, arricciato, sconnesso dall’essenza di tutte le cose. A me questa cosa sta stretta e mi capita di perdermi in quegli occhi, mi capita di ascoltarli, mi capita di farmi trafiggere dai loro aculei e mi capita di sanguinare. Manderei tutto all’aria; vorrei resettare la mia vita, vorrei riavvolgere il nastro per seguire quel richiamo antico così affine a me. Io sono la crepa nel muro, il pezzo di carta strappato, il coltello infilato sul tavolo, il fieno su cui fare l’amore, l’acqua che scivola fra le pietre arrotondate, la ciocca di capelli che copre il viso, il canto che chiama la pioggia, il filo d’erba fra le margherite, l’insetto che riposa su di un pezzo di pane, la pausa fra due parole, il cuore di una tribù senza nome, l’ultimo sogno che non vorresti mai dimenticare. Mi fermo così di fronte a quegli occhi, li osservo, mi perdo, mi dissolvo e divento realmente me stesso. Conosci la mia anima? Io conosco la tua anima e posso dipingere i tuoi occhi, posso baciarli, posso stringerli a me e proteggerli fino alla fine dei tempi.

Scritto e pubblicato il

da Marco Placido Stissi (alias “

“)

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