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Facciamo che ci credo?

Diciamolo senza tanti giri di parole: gli esseri umani sono creature strane, ambigue, folli, paradossali. Per certi versi giudico noi stessi quasi ipnotici, nel bene e nel male; ci sono aspetti che ci rendono unici in ogni ambito del semplice vivere quotidiano. Siamo in grado di creare meraviglie tanto quanto distruggerle. Abbiamo percorso secoli su questa palla che orbita intorno al sole e ci sono voluti secoli per rendercene conto. Passo dopo passo, stagione dopo stagione, abbiamo dato alla luce nuove vite ed altrettante ne abbiamo perse per cause naturali o per nostro volere. Cosa non siamo in grado di fare? Semplicemente tutto ciò che ancora non abbiamo ottenuto macinando ed asfaltando risorse su risorse. Arriva un momento in cui smettiamo di percepire la vita come qualcosa di magico e ci immettiamo sull’autostrada del mondo degli adulti; molliamo la presa dall’orsacchiotto ed impariamo chi ad annodare una cravatta e chi a truccarsi il viso. Qualcuno, forse per nostalgia o forse perché lo sente marchiato a fuoco sulle ossa, riesce a mantenere il cuore appeso a quel mondo primordiale e, seppur con difficoltà, seppur sotto giudizi ingiusti, cerca di fare la differenza, di distinguersi, di dimostrare che le cose non devono essere per forza così come sono imposte da quel percorso a quattro corsie ad alta velocità. Ecco, la velocità, quella cosa che ci fa vedere la realtà come quando siamo seduti sulla poltrona di un treno in corsa; dal finestrino semichiuso il paesaggio si allunga e si scioglie macchiando rapidamente il vetro di riflessi e di lunghe linee colorate: pennellate di luci, di rami, di muri e di persone. Io elogio la lentezza che mi permette di godere di istanti che non rivedrei mai più e di dettagli che non potrei altresì osservare. Ma quindi, facciamo che ci credo all’essere umano? Facciamo che punto tutto su quelle belle anime capaci di empatizzare, di giocare, di sognare, di ridere, di scrivere, di leggere, di amare? Giorgio Gaber scrisse una canzone che mi è rimasta scolpita nel cuore, si intitola “Non insegnate ai bambini”:

Non insegnate la vostra morale è così stanca e malata Potrebbe far male Forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza. Non elogiate il pensiero Che è sempre più raro Non indicate per loro Una via conosciuta Ma se proprio volete Insegnate soltanto la magia della vita. Giro giro tondo cambia il mondo. Non insegnate ai bambini Non divulgate illusioni sociali Non gli riempite il futuro Di vecchi ideali L’unica cosa sicura è tenerli lontano Dalla nostra cultura. Non esaltate il talento Che è sempre più spento Non li avviate al bel canto, al teatro Alla danza Ma se proprio volete Raccontategli il sogno di Un’antica speranza. Non insegnate ai bambini Ma coltivate voi stessi il cuore e la mente Stategli sempre vicini Date fiducia all’amore il resto è niente. Giro giro tondo cambia il mondo. Giro giro tondo cambia il mondo.

Ecco qui che giunge l’epilogo del mio pensiero di stasera; lo sento frusciare, lo sento incepparsi da qualche parte fra i miei pensieri aggrovigliati, lo sento dubitare e capisco che vorrebbe dire ancora tante altre cose ma… no, mi dispiace, oggi scelgo di lasciare a “te che stai leggendo” l’ingrato compito di stravolgerlo, di reinterpretarlo, di allungarlo, di stringerlo, di tagliarlo, di strapparlo, di bruciarlo, di incorniciarlo. Facciamo che voglio credere anche in te e nel tuo cuore. Facciamo che da stasera ci prendiamo tutti per mano e lo facciamo veramente questo “giro tondo per cambiare il mondo”?

Scritto e pubblicato il

da Marco Placido Stissi (alias “

“)

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