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Ogni parola

Mi dicono che le parole hanno un peso; eppure, a volte, mi sento schiacciare dalla gravità degli spazi che si insinuano fra le intercapedini delle lettere o fra quelle delle parole da esse composte.

C’è più carico in certi silenzi stracolmi di non detti, di rabbia repressa o di timori, di sussurri smorzati, di sguardi spenti e appallottolati che in un fiume in piena di parole allacciate alla voce.

Ecco, io ho imparato a sopportare questo peso più di quello delle parole; ho imparato a farlo per autodifesa e perché ripudio ogni dissidio, perché c’è stato un tempo in cui il mio sorriso è stato spezzato; l’attimo in cui il mio cuore si è fermato ed ha ripreso a battere con un ritmo diverso, sincopato.

Ero ancora un bambino quando ho visto crollare ogni mia certezza a causa di certe liti fra i miei genitori.

Così, mentre il mondo accende insegne luminose sull’importanza delle parole, io mi lascio inghiottire dalle sabbie mobili di un silenzio amaro che è il prolungamento di una sequenza di frasi dette e ridette fino a sfinirle, fino a renderle opache e senza alcun suono.

Aderisco a me stesso e piango perché non ho molto altro da fare stasera, perché respingo e accolgo allo stesso tempo, perché sono volubile, perché in certi momenti vorrei che la mia bocca fosse un cannone col quale sparare tutti i pensieri che si sono stratificati nel tempo dentro me stesso. La mia bocca tace ma il mio cuore urla già fluttuando fra quegli spazi che, tra una lettera e l’altra, sembrano immensi, distanti anni luce.

Cosa può riflettere uno specchio nero? Come riflette uno specchio scheggiato? Ecco, le mie parole a volte non hanno un mondo oltre l’immagine di me che tenta di riflettersi, e altre volte le vedo bivaccare lì dentro, distorte.

Di lettere ne ho acquistate tante nella mia vita e ne ho usate meno di quelle che avrei voluto o potuto impiegare.

Oggi ripiego spesso sul silenzio e doso saggiamente le parole che ho costruito e conservato dentro me stesso, nella profonda convinzione che ho la responsabilità di dover limitare al minimo la possibilità di essere l’artefice di un nuovo sorriso spezzato.

Possano le vostre parole essere scandite da un ritmo più armonico e che le vostre pause possano rendervi il giusto tempo per ponderare quelle successive.

Scritto e pubblicato il

da Marco Placido Stissi (alias “

“)

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