Poco fa, ascoltando musica con le mie cuffie sgangherate, ho osservato la mia stanza ufficio-passioni e ho notato che è piena di tante cose, di oggetti che, chi più chi meno, hanno una specie di storia da raccontare. Certe cose le avrò usate o toccate solo una volta, altre invece le uso ancora giornalmente. Ci sono oggetti che non uso ma che semplicemente vado spostando da un punto ad un altro senza una ragione apparente. Se tutte queste cose potessero parlare, chissà cosa mi direbbero! La mia Marie Kondo interiore mi pesterebbe a sangue o mi farebbe i complimenti perché tengo tutto ben ordinato? Non voglio scoprirlo e, intanto, penso che devo concedere la libertà ad alcuni di loro; almeno a quelli che hanno compiuto minimo diciott’anni di vita. Ho sentito un rumore! È lei, Marie, la sento salire dalle profondità della mia coscienza! Facciamo finta di niente intanto, andiamo avanti col discorso. In anta anni di vita ho regalato o buttato un sacco di roba e tante altre cose sono andate perdute in qualche trasloco; altri oggetti li ho buttati per mia precisa volontà, altri li ha fatti sparire mia madre ai tempi della nostra forzata convivenza pre mia indipendenza, altri li ho donati all’inceneritore del mio paese per far felice qualche mia ex ragazza strarompica**o gelosa (ma l’idiota sono io che ho permesso questa manipolazione, lo so). Cagate del passato a parte, oggi mi ritrovo col pensare a cose che avrei ancora voluto con me e mi spiace tanto immaginare che i miei dinosauri di plastica di quando ero bambino possono essere diventati dei fossili da qualche parte nel mondo e che le mie macchinine sono passate dalle mani di un ragazzino idiota per poi finire rottamate e trasformate in tappi o lattine di bibite o di fagioli. Ora, io lo so che vi aspettate un finale profondo in cui dico che tutta la realtà tangibile, comprendendo quindi pure gli oggetti di cui ci circondiamo, è parte del nutrimento delle nostre emozioni e che quelle cose sono come il cibo che dobbiamo mangiare ogni giorno per continuare a vivere. So che vorreste che dicessi che però, a differenza di verdure, frutta, pasta e biscotti, sentiamo il bisogno di essi solo perché siamo profondamente insoddisfatti dalla vita che conduciamo, da ciò che siamo diventati o da ciò che stiamo diventando, dai percorsi obbligati. Vi immagino con le mani gesticolanti mentre mi sottolineate che se ognuno di noi fosse libero, ma libero veramente da ogni circonvoluzione sociale oseremmo pensare che saremmo immersi in una vita meravigliosamente anarchica. Oh, ok, ma perché mi dovete rompere li cojons? Io volevo dire semplicemente che ci sono oggetti ai quali sono legato animicamente ma dai quali mi devo staccare non perché potrei avere una pistola puntata sulla mia tempia da una Kondo che è uscita vincitrice da una lotta all’ultimo sangue col sottoscritto. Certo, due costole incrinate e un occhio nero gliel’ho fatti, ma quello legato alla sedia e costretto a scrivere sta cosa fingendo di esserne convinto sono io, eh? Mica voi! Lo so che stai ridendo, si tu, proprio tu che leggi; psssst… ascolta, te lo chiedo sottovoce: puoi chiamare la poliz… AAAAAAh!
Pulizie autunnali
Scritto e pubblicato il
da Marco Placido Stissi (alias “
“)
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