Sono sceso tante volte in fondo ai miei abissi.
Fra i resti delle navi affondate dei miei sogni, ho trovato alcuni scrigni contenenti idee, progetti, appunti, oggetti, suoni, colori, sapori, profumi antichi che hanno resistito alla corrosione del mio tempo, alla mia forzata e codarda indifferenza.
Troppe volte li ho lasciati lì sul fondo, troppe volte ho detto che un giorno o l’altro li avrei riportati a galla quando avrei trovato “il momento giusto per farlo”. Quante scuse ho assunto e le ho piazzate all’ingresso della mia mente.
Ho lottato tutta la vita per evitare certi sbagli ma poi ho affittato molte delle stanze del mio cuore a persone che vi hanno alloggiato sfruttandone la bellezza, scheggiando il mobilio, rompendo finestre, imbrattando le pareti. Esseri umani ai quali ho permesso di camminare nei miei boschi lasciandoli liberi di abbattere alberi, strappare fiori, sparare ai miei sogni in volo.
“Tu sei…” – mi hanno detto. Dunque io sono così tante cose che potrei essere il tutto, il numero otto disteso sulla linea dell’orizzonte.
Non m’importa più del giudizio di chi mi ha spremuto e maltrattato, ma mi spiace aver reagito per difesa, mi spiace aver permesso di portarmi all’esasperazione, mi spiace avere scosso le fondamenta e le acque calme dei miei abissi, mi spiace aver lasciato che quel vento pieno di detriti colpisse la fiamma che danza al centro della mia anima.
Finita la tempesta mi immergerò ancora una volta e dovrò sistemare tante cose, portare a galla il necessario, ricominciare, reinventarmi.
Ora sono io a dirmelo ancora: “Marco, tu sei un nuovo inizio, tu sei tutto ciò che resta e tutto ciò che hai aggiunto da quando sei nato”.
Buona vita, me stesso.
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