Stasera è una di quelle sere in cui sento il bisogno di immergermi nel mare caldo della mia malinconia. Stasera ho bisogno di scrivere qualcosa che non ha una trama precisa; voglio lasciare alle parole la capacità di fluire libere. Vorrei dire che amo la delicatezza ma amo pure quella rabbia che nasce dal desiderio di difendere qualcosa o qualcuno da un’ingiustizia, amo il sole ma amo la luna perché la sua luce tenue nasconde gli spigoli e ricama poesia sui lati del mondo, amo la musica forte ma amo pure quella lenta che sostiene il ritmo del mio respiro quando mi prendo il tempo di tenermi per mano, amo mia figlia ma amo la mia compagna che l’ha accudita dentro di sé per poi donarla a questo mondo che, seppure malconcio, è meraviglioso. Vorrei dire che non credo in nessun dio e che mi basta amare la vita per armonizzare me stesso e qualche stella lontana alla quale sono quantisticamente legato. Forse le frasi fatte mi piacciono e non me ne vergogno ma a volte le ripudio perché mi annoiano, così invento nuovi concetti, gioco, esprimo senza freni, senza paura. Ho la barba, spesso ce l’ho incolta ma mi piace quando mi ritrovo a darle nuova vita. La mia barba mi parla e io l’ascolto; a mia figlia piace tirarla e a me piace quando mi sorride felice perché si sente libera di esplorarmi, di conoscermi imparando ad amarmi. La casa dei miei sogni è un rustico o una villa in mezzo ai boschi, circondato da alberi. Nella casa dei miei sogni c’è un camino ed un tappeto, c’è un bel giardino d’inverno, c’è luce mentre fuori piove, anche senza alcuna lampadina o candela accesa. In quella casa c’è un divano e ci sono tanti libri, c’è una scrivania piena di fogli e penne, c’è una zuppa calda, c’è un letto con una finestra che si affaccia sul mondo. Mi reputo un misantropo e non mi crea alcun problema ammetterlo. Riesco a provare compassione per tutti ma riesco a comunicare davvero con pochi. L’amore che dono è un bene prezioso per me perché è esclusivo; chiunque me l’ha spezzato in passato è finito nel buco nero della mia indifferenza. Le cicatrici mi hanno insegnato molte cose: mi sono sempre accomodato con piacere sui loro piccoli banchi rossi per ascoltare le loro preziose lezioni. Vorrei dire che sono il Marco di sempre ma non è vero, vorrei guardarmi allo specchio e correggere tante cose di me stesso ma sto imparando ad amare le mie imperfezioni, ad abbracciare le mie debolezze, a sostenere le mie idee, a darmi coraggio nell’affrontare ogni nuovo giorno, a sorridere e ad ironizzare il più possibile per evitare i conflitti. Non amo essere polemico e trovo spesso delle giustificazioni valide e gentili per quelle cose che modificano le mie aspettative sulle persone, sulle interazioni con esse. Mi arrabbio molto quando quelle persone agiscono coscientemente nel male, quando sono irrispettose, quando giudicano, quando hanno modi bruti nel confrontarsi con me o con chi amo. Perdono spesso. Mi avvicino a chi sta soffrendo, lo accarezzo, l’abbraccio, lo ascolto, lo consolo, gli tendo una mano e lo aiuto ad uscire dall’antro angusto in cui si trova. Mal sopporto l’ignoranza e le persone irresponsabili. Mi piacciono le persone che sanno ricambiare l’affetto e le attenzioni, che sanno sdrammatizzare, che amano giocare, che sono leggere come piume o foglie al vento ma profonde e solide come gli alberi con le loro portentose radici. Sono un bambino che ha solo mutato la sua corazza; questo è il mio bene più prezioso. Vorrei dire che non sono più capace di accontentarmi e che i compromessi devono comunque rendermi felice. Vorrei vedere il nostro mondo libero da: guerre, fame, povertà, disuguaglianze. Vorrei vedere il nostro mondo risplendere di sole anime alte.
Con amore.
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